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lunedì 6 gennaio 2014

Lampada Eclipse di Vico Magistretti *

Lampada Eclipse di Vico Magistretti
da: Giorgio Dall'Osso, "La luce nera" si tratta di una pubblicazione del Workshop: "Luce architetto dell'ombra", svoltosi a Venezianel  settembre del 2011, Ed.  a cura dell' Università  Iuav di Venezia.

Foto 1 - Eclipse: le tre fasi della luce 
"La lampada di Magistretti disegna, con il suo corpo formato da tre parti di sfera, la scena di un eclissi di sole. La luce scaturisce dal cuore della lampada e cerca di sfuggire al buio che ricopre sempre di più il centro all’avanzare dell’eclissi. É qui che nasce la luce nera, una scena oscurata che mantiene un chia­rore. La luce diventa contorno alla sorgente e ne in­gentilisce i contorni. Il cuore nero della lampada è un attimo, un momento della luce, una tangenza tra due mondi, la luce e il buio. Il tema della luce nera punta su un momento particolare, quando il centro della sorgen­te luminosa diventa il luogo più scuro della scena. Si tratta dunque di scandagliare il significato profondo di questo “momento della luce”. 
Foto 2 - Lampadina nera 
o Lampada di Wood
La fonte luminosa, che irradia l’ambiente circostante come un cuore con le sue arterie, cambia aspetto, diventa un cuore nero che nonostante l’aspetto oscuro continua a portare in sé un’energia irradiante. La luce nera è dunque una scena oscurata che mantiene un proprio chiarore; un attimo in cui si verifica la tangenza tra i mondi della luce e dell’ombra; un nero che ingloba la luce e ne è inglobato a sua volta; uno scambio tra opposti che genera, per un momento, una nuova fase della luce. Nel suo essere momento, la luce nera è incerta e su­blime. Parlando di luce nera è doveroso citare le sue due concretizzazioni più rappresentative, una nel mondo naturale, l’eclissi, l’altra in quello artificiale, la lampadina nera. La prima nata dall'allineamento di pianeti, la seconda, artificio dell’uomo usato nel mondo professionale. 
Per Lampada di Wood o luce nera si intende una sorgente luminosa che emette radiazioni elettromagnetiche prevalentemente nella gamma degli ultravioletti e in misura trascurabile nel campo della luce visibile. [...] Nei luoghi di divertimento le lampade di Wood sono ampiamente usate per creare effetti di fluorescenza su vestiti, occhi e denti" ...
Foto 3 - Eclisse 
"... La parola eclissi deriva dal greco: έκ (ek), preposizione che significa “da” (moto da luogo), e λείπειν, (leipein), che significa “allontanarsi” ovvero “nascondersi”, “render­si invisibile”...


"... È il 1965 quando Vico Magistretti progetta per l’Ar- temide la lampada Eclisse che verrà prodotta dalla stessa casa nel 1967. Sulla lampada, Magistretti afferma di essersi ispirato alle antiche lampade dei ladri e dei minatori dette “lanterne cieche”:

“[...] guardando una cosa che non era mai servita per leggere di notte, ma per rubare, come la lampada dei ladri, quella lanterna cieca, ha fatto venir fuori un’altra lampada che era l’‘eclissi’ insomma [...]”

Lo stesso anno della produzione la lampada vince il prestigioso premio di design “compasso d’oro” e il Museum of Modern Art di New York (MOMA) la anno- vera nella sua collezione di oggetti di design.

Foto 4 - Eclipse,  1965 
La lampada Eclisse è costituita da due parti di sfere (A e C) e da una semisfera (B). Le due parti di sfere costituiscono la parte superiore della lampada, sono concentriche e un perno permette a quella più pic­cola (C) di girare all’interno dell’altra (A) che è invece ancorata all’asse verticale. Le due parti di sfera inglo­bano al loro interno una lampadina di forma sferica ed il supporto cilindrico della stessa. La parte di sfera esterna (A) è idealmente tangente alla semisfera (B) sottostante che funge da base del­la lampada. Al di sotto della semisfera, un cilindro di minima altezza e di diametro di poco inferiore a quello della sfera, fa appoggiare la lampada al piano. Nella calotta inferiore delle due parti di sfere (A e C) è inserita una ghiera di plastica di spessore minimo. La lampada è di dimensioni piuttosto ridotte e presenta un buon rapporto tra le parti, infatti, analizzandola, si scopre che le dimensioni sono state ricavate tramite uno studio della forma basato sul rapporto aureo. La lampada in generale presenta una simmetria totale rispetto all’asse verticale ed orizzontale. Quando la parte di sfera mobile (C) è rivolta con l’incavo verso l’esterno la lampada, sul piano frontale, risulta perfet­tamente simmetrica mentre sul piano laterale il taglio delle sfere superiori rompe la simmetria. Sotto molti aspetti la forma della lampada sottolinea quello che già il nome della stessa aveva palesato, l’eclisse. In particolare la rotazione della sfera interna, più piccola rispetto a quella che l’avvolge, richiama il ruotare delle orbite dei pianeti così come le forme tonde imitano l’ideale dei corpi del sistema solare. In­fine anche la tangenza tra le due porzioni di sfera (A e B) richiamano simbolicamente quello che è l’eclisse, l’avvicinarsi e, immaginariamente, lo sfiorarsi tra due corpi celesti.
Foto 5 - Satellite che s'interpone
tra la  fonte luminosa e l'osservatore
Le parti di sfera che costituiscono la lampada sono in alluminio laccato. Le due semisfere tangenti (A e B) sono dello stesso colore ma vengono vendute in tre diversi toni (arancione, bianco, blu) mentre la se­misfera girevole interna è di colore bianco in ogni mo­dello. Il pezzo che si interpone tra la base e il piano d’appoggio è in plastica nera come anche la ghiera situata nella calotta inferiore della semisfera A; que­sto pezzo è dotato di una profonda zigrinatura sulla superficie. L’elemento predominante della lampada è l’alluminio, metallo estratto dalla terra e che va a costruire, nella scenografia della lampada di Magistretti, i pianeti che si muovono. La semisfera ruotante (C) rappresenta il satellite che si interpone tra la fonte luminosa e l’os­servatore e, come la luna, è bianca. 
Foto 6 - Luce che si
riflette tra le due
porzioni di sfera  
La luce della lampada Eclisse di Vico Magistretti de­riva da una lampadina ad incandescenza, ad essa appartiene perciò un colore caldo, riconducibile al Sole e al focolare. 
Analogamente a quella solare, nel­la lampada Eclisse si possono distinguere le seguenti fasi della luce: una fase aperta in cui la sorgente lu­minosa non è schermata; una fase intermedia e una fase chiusa, quando la lampadina è completamente schermata. i) Nella fase aperta, la luce irradia in parte diretta­mente dalla fonte luminosa, in parte riflessa dall’inter­no della semisfera che ruota. In questa fase la luce, liberata dalla fonte, descrive una parabola dai con­torni netti sulla base. È la luce diretta del giorno che dal sole oltrepassa lo spazio e giunge a scaldare la terra, solo un emisfero però, così nella lampada solo una parte della base viene illuminata, l’altra rimane al buio. ii) Nella fase intermedia, la luna interseca la sua orbita con quella del sole e della terra, la materia si confonde, si mescola, ma è tutta un’illusione di so­vrapposizioni e allineamenti. La luce del sole rimane concentrata in un punto sempre più piccolo che viene divorato lentamente dal buio, mentre un bagliore di luce comincia a circondare la luna. Sulla terra avanza inevitabilmente l’ombra, così come sulla base rimane solamente un piccolo spiraglio di luce. iii) Nella fase chiusa, la luna copre interamente la sagoma del sole. La terra, la base delle lampada, non è più illuminata, la luce non illumina più il mondo ma vuole essere guardata. È il momento dell’eclissi, la luce non nasce più da un cuore di fuoco abbaglian­te, ma da un cuore nero che, nonostante l’aspetto oscuro, continua a portare dentro di sé un’energia ir­radiante. Nella lampada infatti la luce si riflette tra le due por­zioni di sfera che contengono la lampadina, fino a sfuggire dal varco rimasto libero tra le due curvature della materia. Ma non è la stessa luce di prima, è un raggio, più debole, incerto, dolce e meraviglioso. La lampada Eclisse prevede una forte interazione con l’utente che la possiede. Progettandola Vico Magistretti pensò che la calotta interna poteva essere ruotata, modulando la luce a piacimento. Nella prima fase produttiva la lampada non era dotata della ghiera di plastica zigrinata tra le due calotte superiori. Questa aggiunta venne fatta successivamente per evitare che gli utenti si scottassero le dita maneggiando la lampada accesa che, essendo dotata di luce ad incandescenza, ed essendo fatta in alluminio, raggiungeva temperature piuttosto elevate. È interessante infatti questa interazione “scottante” con l’oggetto, che prima ti invita ad allungare la mano per modulare la luce, poi ti punisce con il calore se non hai preso le dovute precauzioni. Così l’oggetto così l’eclisse. Nella storia dell’uomo l’eclisse è un fenomeno che è sempre stato visto come un momento magico, divino, qualcosa che nella sua comparsa presagiva o seguiva qualcosa di importante. L’uomo, al verificarsi dell’eclissi non può che fermarsi a contemplare, nella paura o nello stupore, questo meraviglioso fenomeno che si verifica nel cielo. Un tempo non sapeva cosa si nascondesse in questo evento e l’aura magica che lo circondava era totale. Ma l’uomo, si sa, è curioso, desidera sapere, vuole plasmare la materia e dominarla, costantemente è soggetto alla tentazione di allungare la mano. Ma la natura, dal canto suo, è incontrollabile, troppo forte per essere dominata dall’uomo, e così questi allunga la mano e si scotta. La lampada segnala dunque il desiderio di carpire l’eclissi contro l’impossibilità di farlo. Il desiderio di mutarne la luce contro l’impossibilità di farlo a mani nude. Questo scottarsi aumenta l’interazione della lampada che deve essere impostata nei primi minuti di accensione prima che scotti o maneggiata con cura nei momenti successivi. È dunque dotata di una forte ambiguità. La lampada Eclisse è un oggetto che sottrae la luce alla sorgente, una lampada radicale che sovverte l’ordine della luce creando un momento sospeso tra la luce e l’ombra. Il progetto è stato in previsione di un utilizzo sopra il comodino e si posizione quindi di fianco al letto dell’utilizzatore. La scenografia che rappresenta è quella del conflitto tra luce e ombra e l’attimo che esprime, quello dell’eclisse. È il momento di tangenza tra i due mondi. Il giorno con la luce e la notte con il buio. La giornata dell’uomo è divisa tra giorno e notte, tra attività e riposo, da un breve momento che è quello dell’andare a letto. Questo momento sancisce il contatto tra giorno e notte così come l’eclisse sancisce il contatto tra la luce e il buio. Eclisse è perciò una lampada che accompagna l’uomo nel momento della giornata in cui si corica, un’azione spesso veloce e insignificante ma che l’oggetto sottolinea e rende misteriosa con la sua immagine di cuore nero. L’Eclisse è il punto di contatto tra l’azione nella luce, e il riposo nell’ombra. Un riposo che nasconde dentro di sé ancora una forte energia, ma un’energia che poco a poco si affievolisce".
(Giorgio Dall'Osso, "La luce nera"in: AA. VV., "Luce architetto dell'ombra", Workshop, settembre, 2011, pubblicazione online a cura dell' Università Iuav di Venezia, pp. 4 - 10. webhttp://meri.iuav.it/50/1/PubblicazioneONLINE_Lucearchitettodell'ombra.pdf )


FONTI ICONOGRAFICHE:

nella fonte bibliografica ancora piccoli errori, ripetizioni, corsivi sbagliati etc, ma ci siamo, quindi correggo e pubblico.
ed è un ottimo spunto che andrà nella Bibliografia fondamentale. 
ho corretto direttamente mettendo nel titolo l'autore, visto che è un brano interamente riportato e senza parti scritte da lei o elaborate (ho modificato la parte in grassetto ed altri spunti), e, in fondo al brano la fonte correttamente riportata. 
questa qui sotto era la sua, la lasci e confronti. cp

da: "Giorgio Dall'Osso, La luce nera", webhttp://meri.iuav.it/50/1/PubblicazioneONLINE_Lucearchitettodell'ombra.pdf si tratta di una pubblicazione del Workshop: "Luce architetto dell'ombra", svoltosi a Venezia, nel  2011, pubblicazione online a cura dell' Università Iuav di Venezia, settembre 2011.
"La luce nera"...“Il valore ludico e mitico della luce” … Giorgio Dall'Osso, in AA. VV., "Luce architetto dell'ombra", Workshop 2011, Ed.  a cura dell' Università  Iuav di Venezia, settembre 2011, pp. 4 - 10. 


corretto e ripostato. cp

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