piattaforma 1
DESIGN 2013/14 n 1 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
http://design-cecilia-polidori-2014-1.blogspot.it/

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DESIGN 2013/14 n 2 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
http://design-cecilia-polidori-2014-2.blogspot.it/

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DESIGN 2013/14 n 3 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
http://design-cecilia-polidori-2014-3.blogspot.it/

Ghirlanda Design

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martedì 31 dicembre 2013

Auguri di Buon Anno

Abbiamo concluso l'anno con un'accesa discussione aperta da un collega, del quale posso comprendere lo stato d'animo nell'affrontare un nuovo corso, perché anch'io non essendo più ventenne mi ritrovo il mio piccolo bagaglio di esperienza che spesso mi porta ad una difficile apertura verso un metodo che apparentemente esula dalla mia visione dello studio. Questa discussione mi ha condotto alla decisione di scrivere questa "breve" testimonianza sul mio approccio al corso di Design. 

Quando mi ritrovai a dover riorganizzare la mia vita, dopo che speranze e progetti erano volati per aria, allo stesso modo di come erano stati costruiti, decisi di riprendere e completare quel percorso di studi iniziato nel lontano 2001 e interrotto per seguire altre strade. Ricominciai come un ventenne a seguire le lezioni, nuovi corsi e nuovi docenti, appassionandomi un po' a tutto, riscoprendo cose che avevo riposto e imparandone di nuove. 

...Era il 2003 quando seguii la prima lezione di un corso della professoressa Polidori e, ovviamente, per lo studente che ero allora, scappai durante la pausa. Me ne andai perché non trovavo corrispondenza tra le mie quattro ideuzze balzellanti nel mio cervello e quella che era l'offerta didattica del corso.
Probabilmente persi un'occasione.
Dieci anni dopo l'occasione si ripresentò. 
Quando appresi che, a seguito delle modifiche al piano di studi, al terzo anno era stato inserito il corso di Design, non nascondo il sentimento di voler nuovamente scappare per quel preconcetto che si era creato nella mia mente: la visione di un ostacolo insormontabile, qualcosa di assurdo ed impossibile...
 Preconcetto che probabilmente è insito nella mente di decine di studenti, di tutti gli anni e per diversi corsi e docenti, che nasce principalmente dalla non voglia di andare a fondo alle cose, di impegnarsi ed apprendere. Troppo spesso ho notato grande apprezzamento per quei corsi e quei docenti che "regalano" esami con minimi sforzi, perché alla fine ci interessa (a tutti, a molti, anche a me) di più ottenere un "pezzo di carta" che ha un valore discutibile, piuttosto che apprendere, fare esperienza, conoscere e crescere. I "pezzi di carta" servono a poco (ma servono), sono le nostre capacità, adeguatamente sviluppate durante il percorso di vita, che fanno la differenza. Si può essere grandi geni, ma senza applicazione non si fa nulla, come si può studiare tantissimo per raggiungere l'esame senza capir nulla di ciò che si sta facendo, si porta a casa un 30 e dopo non rimane nulla.

“...
la comunità spesso, per ignoranza o paura, è contraria alle innovazioni. Il progetto è sempre un’operazione costosa, soprattutto quando tocca tradizioni e interessi.
È come in guerra: bisogna avanzare un millimetro dopo l’altro, cercando di retrocedere il meno possibile (i compromessi necessari).
Tutti gli uomini hanno la capacita di progettare. E tutti nascono uguali.
Per questo affermo che la differenza fra me e chiunque altro è minima, non piu di un 5 per cento fatto di metodologie e conoscenze tecniche. Che non ho imparato dai libri o dai manuali, ma strada facendo, coerentemente alle ragioni dell’anima.
Ho passato la vita a fare progetti, più di duemila, ma credo ancora di non sapere cosa sia il design.
So di non sapere (come insegnava Socrate). E continuo ad aver voglia di conoscere, ad appassionarmi alla ricerca.
...
È con la pratica, attraverso gli errori, i ripensamenti e i fallimenti, che ho acquisito la competenza che oggi mi viene riconosciuta.
...
Su di essa ha influito anche il voler fare tesoro dell’esperienza di coloro che ne avevano piu di me.
...
Ero timidissimo: osservavo, ascoltavo, percepivo.
Un giorno, avrò avuto 25 anni, stavo assistendo a una conferenza sul design. Casualmente, mi ero seduto a fianco di un signore anziano. Lo conoscevo bene per averne vista pubblicata tante volte la foto, ma non osavo rivolgergli la parola: era Adriano Olivetti. I discorsi che sentivo non mi piacevano affatto, mi agitavo sulla sedia ed ero palesemente insofferente. Olivetti mi guardò con fare bonario e, sorridendo, mi disse: ≪Se non ti piace quello che senti, alzati e parla≫.
Quel giorno non ne ho avuto il coraggio, ma nei mesi successivi ho seguito il suo consiglio. E non ho più smesso di parlare. O di fare prediche, come qualcuno sostiene.
Ho iniziato a scrivere commenti, piccoli saggi, qualche libro. Non è il mio lavoro, ma mi sono sentito obbligato a farlo: un po’ perché, nella ridondanza generale, ho capito che la qualità formale delle cose che via via appassionatamente elaboravo non sarebbe riuscita a ≪parlare da sola≫. E poi perché mi premeva trasmettere, al di là di questa o quell’occasione specifica, la necessita di una visione legata al grande numero, all’insieme degli individui. Con la speranza di generare qualche scintilla che ne innescasse il riscatto.”
(Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag. 7-8)

Prima di scrivere i post, di leggere i libri e di leggere la bibliografia, ero notevolmente ignorante di quest'ambito, avevo visto qualcosa, ma non sapevo nulla e ancora adesso dopo due mesi non so praticamente nulla. Non sapevo chi fossero Munari, Mari, Sottsass, Pucci (uno dei padri della moda italiana e io che credevo fosse un falso di Gucci) per non parlare di Tinguely... C'ho sbattuto la testa, ho letto, mi sono documentato, ho scritto e oggi posso dire che un po' li conosco e qualcosa mi hanno insegnato, che forse mi servirà o forse no, non è questo il momento per stabilirlo, ma di sicuro reputo importante l'aver conosciuto questi maestri.
Se non avessi accettato la proposta di questo corso sarei rimasto dov'ero, e com'ero, ignorante.
Quando mi dovetti confrontare per la prima volta con la piattaforma, dire che fu un'esperienza tragica è dire poco, non è facile, soprattutto perché quello che vai a “produrre” deve essere fruibile da tutti, cioè tutti devono poter leggere e capire di cosa stai parlando e, cosa fondamentale, devono poter accedere alle risorse che tu hai consultato per la tua produzione al fine di verificare se siano attendibili o meno, se esiste una base di verità e soprattutto che tu non abbia omesso degli elementi che per altri potrebbero risultare importanti, quindi, consentire a qualcun'altro di potere, partendo dal tuo lavoro, elaborare un'altro. E' difficile, non lo nego, prende tempo, ma insegna tantissimo. Ho scoperto il valore delle note bibliografiche.  
Lavorando sui post e seguendo le lezioni che venivano costantemente aggiornate (e quando dico costantemente è perché, da autore, mi è possibile seguire anche il lavoro della docente che è continuo e in movimento, non ci offre informazioni preconfezionate come tanti altri corsi), ho scoperto un nuovo modo di studiare, apprendere e condividere. Un modo che chi, purtroppo, si è voluto fermare al solo guardare da osservatore esterno, difficilmente riuscirà a capire.
Le prime lezioni mi avevano lasciato un senso, quasi, di vuoto, mi sembrava di stare a perdere tempo, poi iniziai a riguardare il materiale, tornato a casa, dopo la lezione, e tutto mi appariva più chiaro, cominciavo a leggere anche le immagini. 
La piattaforma è uno "scrigno" di informazioni preziose, che stimola la voglia di ricerca e facilita l'apprendimento. E' più pratica da utilizzare rispetto ai libri e per di più è nostra. Siamo noi che editiamo il nostro libro di testo. Non è un sito internet nel quale si vende qualcosa, non deve contenere effetti grafici di grande impatto, deve essere fruibile da tutti e stimolarci alla ricerca. Le informazioni non sono messe a casaccio, hanno un senso, per chi non l'avesse ancora trovato invito a perderci un'oretta riguardando le lezioni. 
Se poi qualcuno avesse obiezioni del tipo: "Cosa mi interessa degli anni 60 se siamo nel 2014?", lo invito a far muovere i neuroni lungo le sinapsi e fare una bella riflessione su ampia scala...sicuro che ci riesce chiunque. La mia risposta a questa domanda è chiaramente descritta in una frase di Sottsass.


"Oggi voglio chiamarmi designer teorico esattamente come c'è il fisico teorico che pensa alla fisica e non al progetto per andare sulla Luna. Pensa e studia le leggi fisiche che si incontrano e si devono conoscere andando sulla Luna."
Ettore Sottsass
(Museo Alessi, a cura del, Design Interviews. Ettore Sottsass, Corraini Editore, Mantova, 2008, Edizione Italiana, in copertina)

Capita costantemente che io mi chieda: “A cosa mi serve?”oppure “Perché lo faccio?”. Per il momento, come già detto, non mi do risposta, continuo a “correre dietro a qualcosa che non ho mai saputo cosa fosse, come fosse, dove fosse” (E.Sottsass, Scritto di Notte, Adelphi, Milano 2010, pag. 12).

Ricordo che un mio amico perse due settimane di tempo per trovare un sistema facile per superare il compito di Analisi Matematica 2 ad Ingegneria, alla fine fu bocciato. La volta seguente studiò per una settimana quello che era previsto dal programma e fu promosso, oltre ad aver imparato qualcosa e ad essersi appassionato di qualcosa che non gli andava giù prima.
Se ci si mette a fare le cose, piuttosto che stare a perder tempo a pensare e cercare tra infinite strade quella più facile da percorrere, tutto diventa più semplice e anche divertente.

Sono un timido e si vede, non sono un secchione e lo si può capire facilmente, tantomeno un genio, eppure non ho avuto grandi difficoltà o ansia da post o il terrore di essere giudicato e letto da altri, mi sono lanciato e mi sono pure divertito, cosa che raramente accade in altri corsi.
Se qualcuno mi avesse detto, qualche mese fa, che al corso della professoressa Polidori ci si diverte pure, gli avrei riso in faccia e gli avrei dato del pazzo.

Mi sono divertito a fare pure la ghirlanda natalizia, nonostante mi trovi più a mio agio ad assemblare le “sopresine dell'uovo kinder" o i mobiletti di IKEA o quelli in vendita al LIDL, ma mi sono rimesso a lavoro per capire quali siano stati i miei errori e come risolverli, perché credo che una persona che si ferma alla prima difficoltà e non prova ad affrontarla non crescerà mai.

Del 2013, tirando le somme, sono contento. 
Non è stato un anno di eventi bellissimi, anzi, ma sono contento per l'esperienza acquisita, di aver avuto la possibilità di conoscere cose nuove, e soprattutto di aver conosciuto nuovi colleghi, amici, compagni di “corsa”.
Vorrei ci fosse più tempo per conoscervi meglio tutti, come vorrei che le lezioni di design potessero durare di più, perché è tempo investito bene.

Per il 2014 mi auguro che la Professoressa Polidori non oscuri più le piattaforme, in molti ci siamo un attimino destabilizzati, perché ormai sono diventate qualcosa che ci "appartiene" e mi auguro possano diventare tali per tanti altri. 
Questo post non l'ho scritto per fare il “bravo studentello”, l'ho scritto principalmente e soprattutto per i miei colleghi, per chi come me ha intrapreso questo percorso, per chi ha intenzione di intraprenderlo, ma in particolar modo per quelli che non sanno da dove cominciare o che vogliono mollare. Non perdete delle opportunità, ma sfruttatele. Mi è stata data l'opportunità di essere autore e l'ho sfruttata anche in questo modo.

e dopo avervi abbondantemente annoiato, con la promessa che continuerò a farlo anche nel 2014...



...Auguro a tutti un Nuovo Anno ricchissimo di opportunità da sfruttare.

Antonino Sinicropi

1 commento:

  1. grazie, caro Antonino,
    sono contenta che il senso della piattaforma didattica - innovativo strumento da me approntato con fatica - venga utilizzato con l'uso corretto delle parole...
    spesso v'invito a "non fare letteratura" o a evitare di gesticolare mantenendovi sul "pezzo". E contemporaneamente vi do come testi 2 autobiografie di 2 designer ottantenni... senza immagini!

    Il senso della piattaforma, della memoria di ciò che produciamo e del lavoro trasparente - intendo chiaro e visibile sempre a tutti - dimostra il percorso progettuale, dell'anima del progettista, e del cuore del suo progetto: che non è mai solo per sé stesso, anzi!
    Pubblicare vuol dire dover comprendere che il progettista "deve" comunicare e "sentire" gli altri e lavorare e crescere "con" altri.
    Anche il mio intendere il progetto "con" i miei allievi, "insieme" viene perseguito: Bene! vedo che pian piano si stia capendo il tempo e le energie che ci metto e che, come lei e tutti, potrebbe scegliere altre strade e fare altro, anche male, meno, o peggio..
    Per fortuna c'è il design! così bello e colorato... perché stimolare, allenare, gratificare, confortare, divertirsi e sperare non è facile per chi non ha speranze e che, quindi, ha solo questo e, al contrario dei miei allievi, non ha nessuno a cui chiedere, né tempo davanti... ma questa è un'altra storia.
    cp

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